l'Autore |
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Nato a Cirò Marina il 21-07-1953
Dirigente scolastico. Formatore esperto in processi formativi e di sviluppo di risorse umane in rete.
Autore di due pubblicazioni:
"Pedagogia dello sport e dell'educazione fisica", 1992.
"La formazione del personale nella scuola dell'autonomia", 1999.
Autore di due articoli su tematiche formative ed educative:
"Scuola come azienda", Annuario del Provveditorato agli Studi di Crotone, 1996.
"Intelligenza emotiva e nuovi saperi", Bollettino dell'Istituto Regionale Ricerche Educative della Calabria, 2002.
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"Pedagogia dello sport e dell'educazione fisica", 1992
La Suola italiana non ha ancora creato una mentalità, un costume, una cultura nei cittadini riguardo alla Educazione Fisica e sportiva.
Questa, tra le discipline di insegnamento, è quella su cui più si discute per mettere in rilievo le potenzialità educative.
Da qui la necessità di individuarne i contenuti e le metodologie pedagogiche.
Questo libro tenta di dare un piccolo contributo alla definizione di una Pedagogia dello Sport e dell'Educazione Fisica nell'ambito scolastico, che abbia valenza squisitamente educativa sul piano della formazione della personalità dei giovani.
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"La formazione del personale nella scuola dell'autonomia" ,1999
Dall'inizio dell'anno scolastico 2000/2001, con la completa attuazione del piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche statali, approvato dal Consiglio Dei Ministri il 30 ottobre 1998 (D.P.R.233/98), emanato in attuazione del D. L.vo 31 marzo 1988 n° 112, e dell'art. 21 della L. 59/97, le istituzioni scolastiche otterranno il riconoscimento giuridico dell'autonomia.
Il regolamento attuativo che da il via all'autonomia delle istituzioni scolastiche è stato approvato in via definitiva il 25 febbraio 1999, e fornisce il concreto strumento legislativo per la sua realizzazione.
Tutto questo avviene in un momento in cui la scuola italiana, soprattutto quella pubblica, vive una vera e propria crisi d'identità.
Disorientata dalla forte pressione sociale, sfidata dal settore privato, la scuola italiana manifesta il proprio disagio attraverso le disuguaglianze educative e la sottoistruzione dilagante che produce.
Per questo necessita un'immediata rifondazione organizzativa e professionale in grado di arginare il calo dei risultati, mediante una forte politica della professionalità degli operatori, che a mio avviso va sorretta e incentivata mediante una più incisiva politica di formazione del personale, sia iniziale sia in servizio; ma soprattutto attraverso il recupero del ruolo del dirigente scolastico, come garante d'equilibrio nelle funzioni che la scuola deve assolvere, e nelle risposte formative che essa deve fornire con un'attenta utilizzazione delle risorse materiali e soprattutto umane. Verrebbe solo così a ridursi l'attuale gap tra le gestione pubblica (burocratizzata e spersonalizzata) e quella privata (efficientista e motivata) che caratterizza l'attuale sistema formativo italiano.
Tra gli indicatori più accreditati della crisi del nostro sistema scolastico si possono citare: il lassismo pedagogico causato da scarsa professionalità; la carente preparazione psicologica dell'insegnate; il calo di qualità del corpo docente; i criteri approssimativi di reclutamento; la svalutazione del ruolo e della funzione in termini sociali ed economici; la mancanza di una politica di formazione continua; l'inesistenza d'incentivazione; l'assenza di una politica della ricerca pedagogica; la carenza di strutture abilitate alla preparazione dei formatori. E sul piano del sociale: l'uso indiscriminato dei mass-media; la devianza e dispersione causate dalle condizioni ambientali nemiche dell'infanzia; il forte indebolimento del ruolo della famiglia come istituzione educativa.
Occorre, per far fronte a queste molteplici e articolate problematiche, un più incisivo sviluppo di politiche generali adeguate a promuovere orientamenti di sviluppo di quello che è comunemente definito "il capitale umano".
Ecco che, un'attenta analisi della situazione organizzativa e sociale in cui operano i lavoratori della scuola, insieme alle considerazioni sulla formazione iniziale e soprattutto in servizio dei docenti e dei capi d'istituto, consentirà di capire, e quel che più conta, risolvere in modo coerente ed adeguato alle nuove emergenze, il problema della loro professionalità.
Individuare e definire le specificità che caratterizzano la funzione docente e quella dei dirigenti, rappresenterà per i prossimi anni, la sfida più impegnativa della scuola dell'autonomia.
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Articoli su tematiche formative ed educative |
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"ANNUARIO - Anno 1996/97"
SCUOLA COME AZIENDA
La scuola italiana, soprattutto quella pubblica, vive una vera e propria crisi di identità.
Disorientata dalla forte pressione sociale, sfidata dal settore privato, la scuola italiana manifesta il proprio disagio attraverso le disuguaglianze educative e la sottoistruzione dilagante che produce.
Per questo necessita una immediata rifondazione organizzativa e professionale in grado di arginare il calo dei risultati, mediante una forte politica della professionalità degli operatori che a mio avviso va sorretta e incentivata mediante una più incisa politica di formazione del personale, sia iniziale che in servizio; ma soprattutto mediante il recupero del ruolo del dirigente scolastico come garante di equilibrio nelle funzioni che la scuola deve assolvere e nelle risposte formative che essa deve fornire con una attenta utilizzazione delle risorse materiali e soprattutto umane.
Verrebbe solo così a ridursi l'attuale gap tra la gestione pubblica (burocratizzata e spersonalizzata) e quella privata (efficientista e motivata) che caratterizza l'attuale sistema formativo italiano.
In una società tecnologicamente in evoluzione non c'è spazio per l'improvvisazione tanto meno nel settore dell'istruzione, specialmente per quella pubblica, cronicamente in ritardo per l'eccessiva burocratizzazione che da sempre l'affligge.
Il ruolo autonomo della didattica s'impone quale necessità; il saper programmare, organizzare, agire in modo collegiale, insegnare per obiettivi, il valutare, sono alcune tra le più significative "strategie" del fare scuola quotidiano.
Manca in Italia una cultura organizzativa, in particolare nel settore dell'istruzione e della formazione.
Una scuola più viva, flessibile, in sintonia con le nuove esigenze non è riforma più rimandabile.
Occorre una visibile ricaduta dell'efficienza dei risultati educativi sul mondo del lavoro.
La richiesta di maggiore produttività impone una rivisitazione più autonoma in termini organizzativi e gestionali o del lavoro, con un coinvolgimento più diretto di tutto il personale della scuola.
Da troppo tempo assistiamo all'immobilismo della scuola, mentre il mondo del lavoro marcia verso la flessibilità.
La qualità nella scuola
È ora di abbandonare anche nella scuola il modello organizzativo tayloristico, che più specificatamente si identifica nella pubblica amministrazione e quindi nella scuola con il modello burocratico, per molti aspetti appunto omologo a quello tayloristico.
In Italia, nella pubblica amministrazione, scuola compresa, a causa di una carente visione strategica, il problema della qualità scompare all'orizzonte organizzativo, anche come problema del "minimo necessario", e resta, fino ed oggi, dove c'è, solo come impegno degli operatori, legato alle sensibilità personali e a particolari situazioni d'interazioni stimolati tra operatori e conteso sociale; mancano processi di controllo della qualità.
Occorre oggi ripensare l'organizzazione e non solo il rinnovamento dei curricoli e delle didattiche.
S'incomincia a parlare nella scuola di efficienza ed efficacia, di managerialità e si sviluppano gli studi intorno alla "scuola come organizzazione". (F. Azzali 1994)
La qualità nella scuola diventa il primo obbiettivo organizzativo perché è quello che meglio risponde all'obbiettivo prioritario della soddisfazione del cliente.
Il decentramento e l'autonomia
L'esigenza della "qualità", altro non è che la conseguenza della sempre più pressante attenzione verso i "clienti", ed impone un ruolo più incisivo e decisionale di ciascun membro "dell'organizzazione scuola", quale attore organizzativo.
Ma è solo con "l'autonomia didattica" che potrebbe maturare una cultura professionale più flessibile dal punto di vista didattico, e un adeguamento degli istituti ai rapporti con il territorio, con il mondo del lavoro, con le autonomie locali.
Io penso che solo con l'autonomia le scuole avranno la possibilità di sviluppare la professionalità degli operatori scolastici ed in particolari dei docenti, con una conseguente ricaduta in termini di KNOW HOW e quindi di "qualità".
La progressiva autonomizzazione degli Istituti Scolastici nella gestione dell'attività didattiche, prevista dall'art.4 della legge 537/93, e dall'art.15 della legge delega del Luglio '96‚ implicherà un decentramento graduale della gestione organizzativa e didattica della scuola meglio si avvicina a molte realtà europee.
L'autonomia implicherà lo sviluppo di politiche generali adeguate a promuovere orientamenti di sviluppo di quello che viene definito il "Capitale Umano" per una più efficace riqualificazione dell'istruzione pubblica.
Tra i paesi europei che hanno una gestione decentrata dell'istruzione ci sono la Svizzera, la Germania e l'Inghilterra, mentre la Francia e la Spagna presentano una situazione simile all'Italia con un controllo centrale dell'Istruzione pubblica.
Occorre una corretta applicazione del decentramento in quanto in alcuni paesi che lo hanno già sperimentato sono orientati ad un ripristino di linee di politica centrale a causa degli eccessi di localismo. (U.S.A. e G.B.) La contrapposizione tra modelli centralizzati (luogo del burocratico) e modelli decentrati (luogo dell'educativo) propone l'inconciliabilità fra "Burocrazia ed educazione". La scuola in quanto "modello vitale" rende impensabile la scuola stessa in quanto universo "Burocratico", vale a dire decisionalmente spento, privo di iniziativa e di responsabilità, meccanicamente esecutivo, furbescamente elusivo e sfuggente ai doveri della verifica e del controllo (C. SCURATI 1991). La scuola si deve attuare come spazio delle decisioni piuttosto che delle pure e semplici trasmissioni e deve essere un'istituzione vitale anche nel quadro dell'istanza organizzativa.
La cultura organizzativa
La difficoltà maggiore che si incontra nell'affrontare in modo compiuto il tema dell'organizzazione scolastica è l'assenza di una vera e propria cultura della scuola.
La comprensione di che cosa le scuole siano e di come funzionino, pare derivare da un processo di ibridazione di paradigmi disciplinari e risultanze di indagini diversi, che hanno riscontro nelle teorie dell'innovazione educativa e nelle teorie del Management, e trovano riferimenti nella sociologia della organizzazione ma anche nelle teorie alla programmazione curriculare (G.M. DUTTO, 1992).
Il compito di implementare una cultura organizzativa è demandato ai dirigenti scolastici che sono il vero volano del rinnovamento e del cambiamento della scuola, da apparato burocratico alla cultura organizzativa.
La variabile cruciale del cambiamento si individua in una migliore comprensione della scuola come organizzazione.
La cultura organizzativa non è la semplice conoscenza delle procedure amministrative, ma è "l'insieme caratteristico di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato, imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, che hanno funzionato così bene da poter essere così considerati validi e perciò tali da essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto da percepire; pensare e sentire in relazione a quei problemi" (Schein 1985).
L'attenzione alla cultura organizzativa è quindi una sollecitazione a considerare in concreto lo svolgersi delle attività, l'operare quotidiano delle strutture scolastiche attraverso la evidenziazione di come la realtà scolastica venga socialmente costruita, di come sono definite le funzioni dei diversi operatori.
In questo conteso, a mio avviso occorre una ridefinizione del ruolo e della immagine del dirigente scolastico, sia quale "mediatore, sia come manager e leader".
Si innesta in questa ottica della cultura organizzativa lo sviluppo delle tematiche delle EDUCATIONAL MANAGEMENT, ossia il particolare campo di studi riguardanti le attività organizzative (le operazioni interne delle istituzioni educative).
La cultura organizzativa implica una maggiore flessibilità che richiede un management capace di progettare, dirigere e sviluppare il sistema scolastico in generale e sistemi di relazioni interne alle scuole in particolare.
Anche il ruolo degli insegnanti si deve modificare, operando non più in una sequenzialità di tasks (compiti).
Dirigenza, Autononomia scolastica e Managerialità
L'art.4 della legge 24 dicembre del 1993 n. 537 prevede la delega al governo per l'emanazione di uno o più decreti sull'autonomia. Tra le altre questioni da definire nei provvedimenti legislativi c'è "l'attribuzione ai capi d'istituto di compiti di relazione promozione, coordinamento e valorizzazione di risorse umane, professionali e strumentali con annesse responsabilità di gestione in ordine ai risultati".
Dirigente le unità scolastiche autonome, richiederà doti da manager.
I nuovi compiti da assegnare ai dirigenti scolastici sono gli stessi previsti per la nuova dirigenza dello Stato dal Decreto legislativo numero 29 del 1993, che si caratterizza per il riferimento preciso alle responsabilità personali in ordine ai risultati, per l'impronta privatistica del rapporto di lavoro, nonché per l'adeguamento per la pubblica amministrazione ai parametri europei, riguardo all'efficienza ed efficacia.
Indubbiamente io penso che il problema dell'autonomia non può che passare dal reale decentramento dettato dalla concreta volontà politica di sburocratizzare e rendere più agile ed adeguate alle esigenze locali la scuola italiana.
Decentramento e autonomia pertanto sono condizioni complementari.
Una delle cose da tenere sempre presente è la differenza tra impresa privata e istituzione pubblica; le imprese sono "campo elettivo" d'applicazione dell'economia; le amministrazioni pubbliche sono "campo elettivo" del diritto, della sociologia, della scienza politica o di discipline specifiche quali le scienze dell'educazione per la scuola.
Il dirigente scolastico, per assumere il ruolo manageriale, deve sapere fare applicare ai docenti che dirige, le suddette scienze dell'educazione, con ricadute visibili in termini di risultati sul prodotto scolastico (i risultati educativi raggiunti dagli allievi).
Il coinvolgimento attivo dei docenti delinea la costituzione di un livello di management a livello delle singole scuole, in modo da poter affermare che il ruolo di management si caratterizza da un insieme differenziato di figure professionali.
Ci sarà pertanto non solo il Preside manager, ma anche docenti con funzioni manageriali.
L'autonomia rappresenterà il tentativo di riorganizzazione locale delle risorse, e la concertazione sarà, con il suo dialogare infinito, lo strumento d'apprendimento e di gestione al cambiamento.
La funzione del manager scolastico "nell'azienda scuola"
Preside manager è colui che "si attrezza" culturalmente, metodologicamente e tecnicamente per gestire la scuola che è diventata un sistema, un'azienda di grande e crescente complessità.
Al preside manager non basta sapere di gestione economico-aziendale.
Non va valutato in base "all'AZIENDA SCUOLA" che dirige, ma va valutato per la qualità degli uomini che riesce a far "autoprodurre" nella sua scuola, e per lo spessore etico-sociale che sa dare a tutta l'attività formativa della scuola da lui diretta.
Secondo me deve sapersi far carico della funzionalità della scuola che dirige, utilizzando le conoscenze necessarie per "gestire l'azienda complessa e con processi differenti" quale è oggi la scuola.
Il manager scolastico, per essere veramente efficace deve saper mettere in campo non solo competenze tecniche e professionali, ma valori quali coerenza, credibilità, coraggio, costanza d'impegno, creatività nella ricerca di soluzioni.
Nella scuola italiana manca una cultura organizzativa che legittimi il ruolo dirigenziale.
Il dirigente deve contribuire a creare una nuova cultura ed un nuovo modello di scuola; solo così può trovare gli elementi per una piena legittimazione del ruolo del capo d'istituto come uomo di cultura organizzativa e gestionale, la cui professionalità si esprime nella costruzione e nella gestione del quadro di regole concordate, all'interno delle quali si muovono gli insegnanti.
Il capo d'istituto deve saper affrontare la complessità scolastica non dal punto di vista degli insegnanti, non del rapporto tra insegnamento e apprendimento, ma delle condizioni e delle regole strutturali e comportamentali, per un servizio complessivamente di qualità.
Egli legittima il suo ruolo con delle azioni condotte ai diversi livelli, secondo criteri e modi della progettualità collegiale; rafforzato dalla esigenza funzionale di rappresentare l'unitarietà dei compiti comuni decisi concordemente, da realizzare tramite il concorso coordinato di tutti, ciascuno per la parte che gli compete.
L'azione progettuale collegiale rafforza la legittimazione del ruolo di direzione, che si configura come il contenuto di un'impresa collettiva cui tutti gli operatori danno vita; il capo d'istituto la promuove, la rappresenta, la difende, ne celebra i risultati.
Il dirigente può esercitare il suo ruolo e la sua funzione manageriale perché legittimata, non solo perché "è il capo", o perché "è il più bravo", ma perché è la realizzazione del compito comune co-deciso che richiede l'esercizio della funzione di coordinamento e che conferisce l'autorevolezza necessaria.
Tra le competenze più qualificanti, certamente c'è la "capacità di far riflettere e apprendere in gruppo e l'abilità di creare visioni condivise" (G. Alessandrini 1994).
Il dirigente deve implementare l'apprendere continuo, in sintonia con le tesi dell'apprendimento organizzativo, che lo vedono come regista che sa consultarsi con i suoi attori, che riesce a mettersi nei panni altrui, che aiuta gli attori a costruire i loro ruoli.
La responsabilizzazione dei docenti, l'organizzare il lavoro di squadra, sono per il manager scolastico la dimostrazione operativa di come si protenda verso logiche di apprendimento organizzativo.
Il dirigente scolastico italiano aspira per il futuro a sentirsi insieme manager e leader.
Tuttavia emergono valutazioni contrastanti che la dicono lunga sulla cultura in atto relativa al problema.
Da una ricerca del CENSIS del 1990 emerge "che gli operatori scolastici percepiscono maggiormente il Presidente come custode della norma" (96,9 %).
La strategia della qualità, l'innovazione e il miglioramento continuo
"L'innovazione è quel processo mediante il quale gli individui e le organizzazioni cercano un punto d'equilibrio tra bisogni individuali e di esigenze del sistema".
Nella scuola quale organizzazione no-profit, l'attenzione ai bisogni dell'utenza (che è il motore di qualsiasi azione organizzativa) risulta affievolita (quando non azzerata) dal complesso delle "guarentigie" cui gli "attori" in essa operativi si sono assicurati la propria indipendenza dai contesti e dalla domanda sociale (Romei 1991).
Bisogna pertanto creare una cultura organizzativa per recuperare una "strategia della qualità" per instaurare un rapporto dialettico e costruttivo fra offerta del servizio scolastico e bisogni dei destinatari dello stesso.
La qualità della scuola non è rappresentata solo dai risultati degli alunni, ma è rappresentata dalla capacità del sistema scolastico di creare le condizioni per un apprendimento costante da parte di tutti i soggetti dell'organizzazione.
A mio avviso l'organizzazione della "qualità" nella scuola deve partire dalla promozione di processi d'apprendimento che coinvolgono tutti gli "attori" protagonisti, e implichino delle modifiche significative anche nella struttura organizzativa nel suo complesso.
Purtroppo in Italia, nel settore della pubblica amministrazione il problema della qualità scompare dall'orizzonte organizzativo, anche come semplice problema del "minimo necessario", e resta solo legato all'impiego dei singoli operatori e alla loro personale sensibilità e coscienza professionale.
Viene naturale pensare che in questo stato attuale di cose la figura del dirigente scolastico, per i motivi più volte citati, forse non è riuscito, ad eccezione di casi sporadici, a costruirsi un ruolo dinamico di promotore e propulsore del processo innovativo orientato verso la "formazione alla qualità".
In definitiva i dirigenti scolastici devono essere capaci di sviluppare il concetto di "Breaktrough", che nella teoria della qualità totale esprime l'idea di "rottura con la tradizione", cambiando atteggiamento loro per primi all'interno della scuola.
La qualità nella scuola deve diventare il primo obiettivo organizzativo ed ispiratrice dell'innovazione, deve ispirarsi all'obiettivo primario della soddisfazione del cliente, assumendo l'alunno e le famiglie appunto come "clienti" e punto di riferimento reale delle decisioni, accettando di portare la loro voce dentro i criteri di decisione (ascolto del cliente).
Anche nella scuola si può e si deve applicare la strategia della qualità totale, la quale "si fonda su attività di problem-solving" che tendono al miglioramento continuo dell'esistente, che puntano ad individuare cose e situazioni esistenti per cambiarle in meglio.
Questo comporta sia attività di mantenimento, sia attività di miglioramento, con uno spostamento della linea strategica sulle seconde.
(Franco Azzali 1994).
Il processo di miglioramento continuo si realizza a piccoli passi con singoli specifici miglioramenti realizzati e con descrizioni che devono pervenire il più possibile "dal basso".
In questo modo la leadership non è più un esercizio del potere, ma assegnazione del potere ad altri, che attraverso una direzione efficace che dia informazioni, strumenti e fiducia, consente alle persone di lavorare in autonomia e con creatività, offrendo una visione reale e concreta dei problemi e delle strategie.
Obiettivo fondamentale del miglioramento continuo è la crescita delle persone, in modo da elevare la qualità del lavori, quale conseguenza della piena motivazione del singolo.
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"FUTUROSCUOLA - autonomia - saperi- riforme"
Intelligenza emotiva e nuovi saperi
Da alcuni anni il documento elaborato dal comitato dei 44 saggi nel 1997 sui nuovi saperi essenziali per la scuola di tutti, ha posto all'attenzione il problema dei contenuti disciplinari nella scuola.
Ritenuti obsoleti ed inadeguati ai fini della formazione richiesta dalle istanze di una società in continua evoluzione, i contenuti disciplinari, figli del pragmatismo pedagogico, non sono più in grado da soli di offrire quelle conoscenze, competenze ed abilità necessarie a fronteggiare i rapidi mutamenti sociali ed economici dell'era tecnologica.
Pertanto il comitato dei saggi sollecita un rapido alleggerimento degli stessi contenuti disciplinari ed una maggiore rilevanza a conoscenze, competenze ed abilità tradizionalmente considerate non basilari, conseguibili attraverso una didattica modulare improntata alla sinergica azione educativa dei docenti, e finalizzate al pieno conseguimento del successo scolastico.
I nuovi saperi visti dal punto di vista dello sviluppo armonico della personalità, sono in grado di contribuire enormemente a potenziare tutte quelle intelligenze necessarie all'affermazione della persona umana.
Nuove frontiere si aprono quindi alla crescita professionale ed alla piena presa di coscienza dei docenti, riguardo sia al contributo in termini di formazione umana e sociale dei propri allievi, sia riguardo al loro potenziale dal punto di vista operativo, con notevoli ricadute sul piano squisitamente motivazionale.
Compito fondamentale della scuola è di garantire lo sviluppo di tutte le potenzialità di chi la frequenta, al fine di accrescere la capacità di capire, fare, progettare e scegliere in modo efficace il proprio futuro, innescando i necessari processi d'integrazione culturale, sociale e lavorativa.
Con il riordino dei cicli d'istruzione si dovranno ricomporre tutte le esigenze d'ordine educativo e sociale, attraverso un percorso educativo che vede il soggetto in apprendimento nell'unicità del suo sviluppo.
L'innovazione normativa sul piano strategico e didattico rappresentata dalla legge sul riordino dei cicli è da ricondurre ad un nuovo e più articolato impegno degli operatori scolastici, i quali, nel rispetto della centralità dei soggetti in apprendimento, s'impegnino ad attivare tutti gli interventi educativi in grado di realizzare pienamente la persona umana, e di preparare adeguatamente alle sfide della società moderna il futuro cittadino ed il lavoratore.
Tutto il sistema educativo d'istruzione e formazione è finalizzato alla crescita ed alla valorizzazione della persona, in modo da offrire ad ogni passo del percorso, strumenti di conoscenza ed occasioni d'esperienza anche applicativa e pratica, che consentano a ciascun di apprendere e continuare ad apprendere, a scuola e oltre la scuola, e ad interagire e ad operare nella società e nel mondo produttivo.
Il contenitore di queste importanti disposizioni legislative è rappresentato dalla legge sull'autonomia scolastica, la quale lascia poco spazio alla vecchia concezione pragmatica e contenutistica della scuola, legata all'idea che il pieno conseguimento dei risultati scolastici debba necessariamente essere legato al grado d'intelligenza posseduto dall'allievo.
Oggi tale concezione appare anacronistica e deleteria, infatti, secondo lo psicologo americano Daniel Goleman l'intelligenza scolastica rappresenta soltanto un quinto delle capacità intellettive totali, "il resto dipende da altri tipi d'intelligenza".
Questi altri tipi d'intelligenza è una complessa miscela che va sotto il nome d'intelligenza emotiva, in cui giocano un ruolo predominante fattori come l'autocontrollo, la pervicacia, l'empatia, e l'attenzione agli altri.
L'intelligenza emotiva decritta da Goleman è l'insieme delle caratteristiche che consentono il successo nella vita, e la qualifica come un modo particolare di trattare se stessi e gli altri.
L'intelligenza emotiva è la sola in grado di determinare rapporti interpersonali corretti e di prevenire comportamenti violenti, poiché consente di governare le emozioni e di guidarle nella direzione più vantaggiosa: è la capacità di capire i sentimenti degli altri ad di là delle parole.
I tipi d'intelligenza che caratterizzano l'intelligenza emotiva sono capacità che si possono apprendere attraverso opportune attività interdisciplinari e trasversali alle varie discipline scolastiche, e concretizzabili in termini d'apprendimento attraverso delle adeguate programmazioni di didattica modulare, da effettuare in modo sinergico da parte di tutti i docenti di ciascun istituzione scolastica.
Una chiara connessione con i nuovi saperi è non solo evidente, ma si mostra con chiarezza quando lo stesso comitato dei saggi prospetta d'impostare nella scuola italiana una didattica volta ad integrare le diverse componenti in cui articola l'esperienza e la conoscenza, al fine di costruire una scuola che metta su un piano di pari dignità i diversi saperi e superi le tradizionali partizioni disciplinari, per dare spazio all'integrazione dei diversi linguaggi, alle arti visive e sonore, alle nuove tecnologie, all'informazione ed alla comunicazione, e soprattutto allo studio delle scienze sociali.
Si delinea all'orizzonte un modello d'istruzione scolastica in grado di interpretare i bisogni del contesto d'appartenenza ed in modo particolare degli utenti, sia degli alunni sia delle loro famiglie, ed il cui compito fondamentale sarà quello di garantire lo sviluppo di tutte le potenzialità di chi la frequenta, al fine di accrescere la capacità di capire, fare, progettare e scegliere in modo efficace il proprio futuro, innescando i necessari processi d'integrazione culturale e lavorativa.
L'ulteriore opportunità verso una scuola orientata alla centralità del soggetto in apprendimento è rappresentata dal riordino dei cicli d'istruzione, in quanto attraverso quello strumento normativo si ricomporranno tutte le esigenze d'ordine educativo e sociale, che siano in grado di realizzare pienamente la persona umana, e di preparare adeguatamente alle sfide della società moderna il futuro cittadino ed il lavoratore.
Tutto il sistema educativo d'istruzione e formazione sarà finalizzato alla crescita ed alla valorizzazione della persona, in modo da offrire ad ogni passo del percorso, strumenti di conoscenza ed occasioni d'esperienza anche applicativa e pratica, che consentano a ciascuno di apprendere, a scuola ed oltre la scuola, e ad integrare e ad operare nella società e nel modo produttivo.
Armonizzare l'apprendimento dei nuovi saperi con lo sviluppo di tutti quei tipi d'intelligenza pratica che vanno sotto il nome d'intelligenza emotiva, consentirà a tutti coloro che operano nella scuola, di conseguire l'ambizioso traguardo di renderla più funzionale alle reali esigenze della società moderna, offrendo ai propri utenti la formazione più adeguata per affermare il proprio progetto di vita.
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