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La Pesca

La vita dei marinai raccontati dagli anziani di Cirò:
“Erano i tempi della Marina, l’odierna Cirò Marina, quando validi marinai spaziavano per lungo e largo il mare che non sempre ti era amico, a pesca di pesci prelibati e gustosi come solo lo Jonio sapeva dare. Impettiti “Mulattieri, con tre giri di fascia blu attorno alla vita dei pantaloni, come segno di riconoscimento al paese d’appartenenza dell’allora Cirò Superiore, portavano il pesce appena pescato tra le viuzze strette ed abitate della Valla(A Vadda), oggi centro storico, quasi del tutto disabitato, fino a che all’ingresso della porta Mavilia fu costruito una rudimentale struttura per il mercato del pesce, chiamato:”U Canceddu di pisci” il cancello dei pesci, nome che si riferiva al cancello d’ingresso in ferro, una struttura questa che ha resistito fino agli anni 60-70, quando per allargare la strada, commettendo un grande sopruso ai danni della storia cirotana, veniva abbattuto. Intere famiglie di marinai, giù alla Marina, avevano costruito abitazioni in pietra disseminati qui e la sulla piana, e per vivere commerciavano il fresco pesce pescato verso il paese arroccato tra secolari uliveti querceti e lussureggianti vigneti. Uscivano di notte con le “lampare” i marinai, e le reti che le donne di giorno tessevano, e senza far rumore prendevano il largo. Stavano tutta la notte fuori, all’indomani le mogli li aspettavano orgogliose sulla costa, sperando in una pesca fruttuosa, anche se il più delle volte era così. ”Catamascia, Catamascia”, gridavano all’arrivo i marinai per indicare la quantità del piccolo pesce prelibato catturato, si trattava di una specie di “bianchetto” ma un po’ più grande, erano i girini delle Vope. Ma catturavano molto altro pesce azzurro come Sauri, Sarde, Alici, “Caniceddi” (piccoli pesci della famiglia di alcuni squali mediterranei come il Virdeddu o squalo blu), e soprattutto il pesce Vacca(Squalo Capopiatto), un grosso pesce molto ricercato per la quantità di tessuto adiposo, che veniva venduto a pezzi, di cui oggi, per fortuna, non c’è più traccia sulla nostra tavola, e purtroppo è sparito anche dal nostro mare. L’unico problema per quei tempi era l’assenza di apparecchi frigoriferi per mantenere fresco il pesce, perciò se non veniva venduto in tempo puzzava e andava buttato, per questo sulla costa all’arrivo delle barche erano già pronti i mulattieri che si arroccavano lungo vie tortuose per giungere su in collina e vendere il pesce appena pescato. Ma già un po’ più tardi quando nella vicino Crotone veniva trasformata l’acqua in ghiaccio, arrivava di notte a Cirò una volta alla settimana, naturalmente solo d’estate, un carro chiamato “Trainu” in quanto aveva le ruote più grosse, che trasportava un lungo filone di ghiaccio adagiato nella paglia che veniva venduto per farne granita durante le fiere o per conservare anche per poco tempo i pesci di giornata, che altrimenti con il forte caldo dell’estate sarebbero puzzati in poco tempo. Anche i saluti erano diversi a quei tempi, quando le persone specie tra le ore più calde, tra le dodici e l’una, quando si recavano d’estate col sole che spaccava le pietre, a trovare parenti o amici per pranzare insieme, nel salutarsi dicevano: ”Bommevespira”come per dire “che tu possa stare bene nonostante la calura”, infatti anche per dire:”che caldo che fa” dicevano:”chi Vesperata” ”. Sono ricordi che raccontano la vita vissuta di un popolo antico che ha memoria, uno spicchio di passato che ci aiuta a capire la storia con tutti i suoi eventi positivi e negativi, che ci rivelano le nostre radici culturali, senza le quali saremmo polvere dispersa al vento.
                                                     Giuseppe De Fine