È nato a Spilinga nel 1946, ma risiede a Cirò Marina ormai da parecchi anni. Ha avuto una prima formazione culturale in un collegio religioso, ha quindi proseguito gli studi all'Istituto Magistrale di Vibo Valentia e successivamente al Magistero di Messina, dove ha conseguito lamLaurea in Pedagogia. Si è inserito nel mondo del lavoro come docente, insegnando prima nella scuola elementare e poi nella media. Ha pubblicato sue poesie su riviste letterarie e in alcune antologie. Nel 1980 ha collaborato alla stesura di un volume su Cirò Marina, di cui ricorreva il centenario della fondazione. La sua prima pubblicazione personale risale al 1985: Brandelli di umanità, Ed. Pellegrini, Cs, silloge che riscosso lusinghieri apprezzamenti dalla critica. L'attesa è la sua seconda pubblicazione. |
Riflessione sulla silloge di poesie
“Grido sincerità e giustizia” di Giacomo Barbalace Ediz. Tracce, Pescara, dic. 2007 di Giuseppe FEDELE |
Ho letto, analizzato attentamente, direi quasi “scrutato” nei minimi particolari e dettagli tutte le poesie della tua ultima pubblicazione e, come promesso, metto per iscritto alcune mie impressioni riguardanti sia la tua poetica sia la simbologia da te usata in alcune poesie. |
Brandelli di umanità Quando un uomo si spoglia di tutti gli artifici e di tutte le maschere che la società, specialmente questa contemporanea, ossessivamente gli propina, allora egli esternamente potrebbe apparire, sentirsi disarmato. Ma la nudità, condizione difficile da perseguire e conseguire, potrà essere un punto di forza se l'uomo saprà farne tesoro per recuperare gli aspetti più genuini e sinceri della propria umanità. Seconda senz'altro questa "nudità", e per riflesso il recupero di quanto è genuino e sincero nella nostra natura, la poesia. L'uomo oggi è mascherato da continue ipocrisie, confuso in mille incertezze, lacerato da attriti feroci; in lui "non si raccolgono che brandelli /solo brandelli d'umanità sincera". Sono questi, però, che lo aiutano a vivere e a sperare. Guai se non ci fossero neanche questi! Il poeta può avere la funzione di coglierli e offrirli alla sensibilità altrui. I versi del presente volume sono affidati al lettore come "brandelli di umanità"; sgorgano da una vita sincera, attingono alla linfa vitale del mio essere più riposto; sono sentiti come parole di sangue e d'amore e restano per me vive, mentre tutto passa e si consuma; sono voce sana di un senso d'umanità che non dobbiamo mai sciupare o peggio calpestare; sono forza viva che zampilla al sole o nella notte più nera per restaurare e ristrutturare il nostro povero essere dilaniato dal tempo, consumato da malinconie arcane, prostrato dagli affanni; sono sacra fonte d'amore da cui attingiamo con arsura, specialmente oggi in cui è più vivo e penetrante il senso delle fratture e dei continui trapassi. Ridotti a brandelli in ogni senso, la poesia ci salda a una voce di ricongiunzione, a una speranza d'unità e d'umanità cercate con la forza dei disperati, decisi a ritrovare un senso in alternativa ai tanti non sensi cui abbiamo spalancato le porte col nostro scavare furioso, incontrollato, caotico, aspro. La pesia ci fa sentire più vivi dentro di noi, d'una vitalità non scomposta e che non sopraffa quella degli altri, anzi si armonizza con quest'ultima, fermentando nella società la coscienza della giustizia e della pace. |
Recensioni letterarie su Brandelli di Umanità: Da Contro Campo - mensile di cultura e spettacolo. GIACOMO BARBALACE- Brandelli di umanità - Pellegrini Editore Cosenza |
Anche la presente raccolta risulta priva di note biografiche e bibliografiche. Non che le citate mancanze incidano sul giudizio critico dell'opera; ma alcune notizie servirebbero a mettere in evidenza la personalità letteraria dell'Autore. Comunque, a lettura compiuta, si può scrivere che l'assunto poetico di Giacomo Barbalace è degno di considerazione.
Già l'auto-premessa svela la naturale tendenza letteraria e poetica di un Uomo che, pur nella caotica atmosfera del nostro Tempo, ha colto, come attesta il titolo - "Brandelli di umanità"; per offrirli alla luce dei versi liberi o in rima, i cui sfondi rivelano un vero Conoscitore del valore civile e umanitario della Poesia. Infatti, nella sua Premessa annota: "…/La poesia ci fa sentire più vivi dentro di noi, d'una vitalità non scomposta e che non sopraffa quella degli altri, anzi si armonizza con quest'ultima, fermentando nella società la coscienza della giustizia e della pace. Sull'attuale tema universale della Pace, così bramata e invocata da tutti i Popoli, si legga la composizione "I mendicanti della pace". Nei chiari versi scorrono veritieri e umanitari concetti che fanno onore al Poeta.
Sul filo intimistico fluiscono tutte quelle cose che Letiziano o sconfortano la vita di tutti: l'Amore, la vita stessa, la musica, la poesia, i ricordi, illusioni e dolore, cenni profetici, la Morte, ma anche la Natura, sempre amica dei poeti, tant'è che ha inspirato l'invitante " Mattinata primaverile".
Umilmente credente, il Nostro tende alla guida divina per giungere alle mete a cui aspira. Ben sappiamo che, oltre i religiosi dogmi, è la Fede che più conta; perciò eccoci un epigrammato colloquio col Supremo: "Dio / tu mi colmi l'abisso/mi soni la luce/mi prendi per mano/mi guidi lontano".
Leggendo la copiosa raccolta, via via si comprende che Barbalace è un sincero Cantore del Sud; e come Uomo del profondo Sud "Figlio di una terra generosa" è "sempre pronto a testare le forme ossute delle cose". Con garbato stile. Egli dedica diverse composizioni e alla propria Terra e alle Genti. In riferimento ai ricordi, si legga la bella poesia, a pag. 96. Le nitide immagini proiettano retrospettivi tempi in cui, pur nella dignitosa povertà familiare e ambientale, "…levigando i nostri pensieri d'attesa, Ci accoglieva un tetto insicuro /ma nel cuore regnava la pace".
Anche se come segna la chiusa dio questo bel libro "siamo figli incerti/di un tempo annebbiato" si può serenamente affermare che la gradevole Poesia di Giacomo Barbalace è una vera fonte di luce atta a illuminare i nostri animi e anche gli oscuri spazi del presente in cui viviamo.
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Da il letterato Brandelli di umanità, di Giacomo Barbalace. |
Acuto interprete del disfacimento dei valori umani, l'autore ne tenta il recupero con una vena aspra ma profonda. La sua poesia è come un cuneo piantato nel cuore dell'uomo, un cuneo che suscita in chi lo esamina una impalpabile sensazione di sgomento. Senso angoscioso, ma fermo della vita, con un'essenzialità di linguaggio che denota una viva coscienza del valore musicale del verso e della parola. Congeniale al tormentato anelito interiore è tuttavia il traboccante misticismo, che conferisce nuova carica vitale alla vena. |
Da Calabria letteraria - Nicola Napolitano Brandelli di umanità, di Giacomo Barbalace. |
Le tematiche del volume Brandelli d'umanità mi fanno pensare che l'autore sia abbastanza " maggiorenne " e che abbia già camminato a lungo sulle impietose vie del mondo, vie su cui ha raccolto fra i rovi e gli sterpi queste gemme, questi fiori di poesia, questa sua pensosità così profondamente umana. Ho letto e riletto non so quante volte: " L'uomo oggi è mascherato da continue ipocrisie… lacerato da attriti feroci "; mi sono fermato a riflettere su alcuni versi che maggiormente mi hanno colpito: " Tutti siamo una foglia / che volteggia tremando / tra le spine del bosco "; " ogni bisbiglio / è un acuirsi di pena " ; " ti coprirà la polvere / di un'acre indifferenza " (è una battuta tagliente, penetrante, carica di un realismo sferzante e di una dilatazione fatale e universale); " parte in silenzio l'emigrante / gonfio di ricordi e di lacrime / … " (racchiude in due versi tutto il dramma secolare dell'emigrazione con tutte le sue ansie, le speranze e le frustrazioni che l'accompagnano); " Noi due chi siamo? " (ritornano ancora, senza risposta, le tre domande che la mitica Sfinge rivolgeva al passante); " L'occhio sociale / … / ti guarderà / senza capirti mai " (ha trapassato con un chiodo rovente il problema della solitudine e dell'incomunicabilità. Il pensiero corre a Quasimodo di È subito sera); " Guardare… / l'esistenza / scoprirla nuova ogni giorno: / in un filo d'erba / in una voce bambina / in un sussurro di vento / in un palpito d'amore " (c'è una fusione spontanea e immediata dell'uomo con la natura, con la vita universa: dei sensi, dello spirito, dell'anima); " ove tutto imputridisce nella melma / di assuefazioni assurde e sterili " (è una scalpellatura michelangiolesca!). In alcuni componimenti più validamente riusciti l'endecasillabo è flessuoso, armonioso, suadente; particolarmente vigorosa è la lirica " Un uomo del Sud "; molto incisiva la lirica " I mendicanti della pace "; riposante " In alto " col suo ottonario scorrevole, cantabile, agile, fresco e gioioso, capace di fare da contrappunto alle immagini dolenti così frequenti nella raccolta. Eppure nonostante il dolore, l'amarezza, l'angoscia, la poesia Barbalace non è una poesia di pessimismo o disperata, ma è una poesia di speranza, una speranza forte, virile profonda e profondamente umana, una speranza che si colora e s'irrobustisce nel concetto più alto e più autentico del Cristianesimo: la Redenzione. Si avverte, nei suoi versi, sotteso o scoperto, questo insopprimibile anelito a risalire dalla melma verso le sorgenti, ove l'acqua diventa limpida luce e il frastuono diventa carezzevole canto primigenio della natura. Emana da questo libro l'energia dello scuotimento, della scrollata che L'" io " del poeta dalle radici del suo essere ha inteso dare all'umanità ridotta a brandelli e scivolano sulla pagina versi che con sintesi vigorosa scolpiscono millenni di ingiustizie e di sofferenze, di delusioni e di frustrazioni, di disperazione e di disperate speranze per le quali si continua a sperare in questo nostro deriso, trascurato, schernito e sfruttato Sud: ipocrisia e indifferenza si annidano e serpeggiano e operano nella volontà dei potenti che detengono il potere. E nasce qui la piaga dell'emigrazione, l'angoscia del povero emigrato del Sud, spinto da una fatalità senza volto ad abbandonare i suoi affetti e le sue radici, per andare incontro all'ignoto, lacero, inerme e spaurito, mentre i politici di turno si affacciano ilari al video ad ammannire discorsi mielati di rosse promesse. Accorati, decisivi, toccanti o indimenticabili nelle cadenze e nelle immagini i primi quattro endecasillabi di " Dal profondo Sud ". Accanto a questi temi, nella silloge ne emergono altri, un'ansia di purificazione e di resurrezione: dal buio della notte si aspira, si attende l'alba, l'aurora. In altri versi il poeta sa trasfondere una tipica delicatezza di sentimenti, sentimenti che sono bocciuoli e fiori di gentilezza, di semplicità e di innocenza, soffusi dalla chiarità solare dei nostri cieli del Sud. Ed ecco " Vagheggiamento ", " Fragilità ", " In alto ", " Mattinata primaverile ". In altri componimenti coglie con animo disincantato, non scevro di una venatura di stupore, la fragilità e la fugacità del nostro essere, l'imperscrutabilità del nostro nascere e morire, del nostro fatale andare e dell'arcano e insondabile nostro soffrire, della nostra ancestrale e inguaribile insoddisfazione " al ciglio del tempo ". |
Da il Tizzone Recensioni di Guerino D'Alessandro Brandelli di umanità, di Giacomo Barbalace. |
Poesie brevi ma concettose, un po' come le scaglie poetiche alessandrine antiche. Regna in queste liriche l'inquietudine per il senso dell'inconscio della realtà oggettiva, che incide profondi solchi nell'intimo dell'anima "consumata ed ingiallita" dal coacervo delle imbecillità umane, solchi che rendono gli individui sordi ad ogni sentimento di sincerità e di solidarietà. L'uomo si spoglia della sua natura per indossare grottescamente una maschera estranea (cfr. pensiero di Rousseau e di Pirandello). Come in Angelo Nese, l'uomo stesso vive nell'incertezza, nel dubbio, nel dolore del consumarsi senza essere umanamente vissuto, anzi sprecando e calpestando ogni valorw spirituale. E, sotto tali aspetti, la poesia di Barbalace, che fa onore alla Calabria, è valida, acuta e sincera. Per l'Autore l'unico rifugio sicuro diviene a questo punto la Divinità come conforto ed usbergo al dolore umano. E' un flusso di coscienza in funzione dell'arte. Questa poesia crea ed espone concetti che sono in lui particolari stati d'animo, ma sono e divengono stati d'animo universali, per quel senso di sconforto che si sta estendendo a macchia d'olio in tutte le coscienze. La sua poesia tratta da Brandelli di umanità è stata pubblicata su: L'autore N° 6 Almanacco. |
L'ATTESA POESIE DI GIACOMO BARBALACE La poesia di Giacomo Barbalace svela il senso della vita o le idee sulla vita nella sua semplicità, vale a dire nel suo massimo di umiltà o in ciò che rende umano l'uomo. La memoria, il paesaggioo e la tradizione racontano il brusìo della vita. Quella musica prima che è il ritmo del cuore, il respiro, il camminare nei piccoli-grandi incidenti della vita, il dolore, la gioia di esistere.
La poesia diviene pertanto sfida e bilancio. Essa prende forma nel momento in cui rinuncia alla morte ed accetta la caducità dolorosa della vita, ma anche il suo slancio nella metrica piò o meno esplicita. In altre parole prevale un'esperienza poetica in cui avvengono eventi decisivi, la tentazione, la caduta, la redenzione, momenti di eterna scelta.
Dinanzi al misticismo, all'isolamento, all'orgoglio e al terrore religioso dell'uomo contemporaneo, la parola poetica tenta aperture improvvise di canto, subito soffocate. I momenti creativi, le immagini nuove denunciano il disagio di quanti vivono la desolazione di essere sradicati dalla società. Ma non bisogna lasciarsi trarre in inganno. Il poeta attraversa i miti contemporanei, ritagliandosi in un angolo della memoria un paradiso nostalgico che è quello della propria infanzia. Ed il ricordo dell'amore materno, assoluto e puro, diviene struggente nell'attesa di qualcosa che rassicuri e liberi dalle ambasce della vita quotidiana. Ma la consapevolezza della propria e altrui impotenza alimenta un pessimismo che riverbera di suoni, nomi e parole.
L'inquietudine esistenziale di Barbalace non si placa nell'accertamento dei temi a lui più consoni ed adatti. La vivacità psicologica del poeta si evidenzia soprattutto nel continuo tentativo più o meno consapevole di rinnovare il repertorio stilistico. Ne emerge un rapporto melodico tra narrazione e sonorità come a volere bilanciare gli effetti corrosivi di un tempo che sfalda il prima e il dopo.
La poesia arriva, così, a pochi passi dall'inesprimibile, lasciando intravedere il mondo oscuro e angoscioso del sogno o di ciò che tende a confondersi con la realtà, divenendo essenzialità espressiva, voce interiore di un dolore mai sopito, biografia intima, diario spirituale.
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Il raggio di una Luce POESIE DI GIACOMO BARBALACE Dall’ Introduzione a “Il raggio di una Luce” |
“Grido sincerità e giustizia” Silloge di poesie La silloge “Grido sincerità e giustizia”, da me recentemente pubblicata con l’Editrice Tracce, Pescara, ingloba poesie che si riferiscono a un vasto lasso di tempo. La maggior parte di esse, però, è nata negli anni Settanta, i cosiddetti anni di piombo. Senza dubbio tali poesie risentono del clima di quel periodo, non perchè inducono al fanatismo ideologico che imperversava ed è poi sfociato, purtroppo, nelle violenza politica terroristica, ma perché esprimono quel disagio, quell’indignazione, l’ anelito alla libertà e alla giustizia sociale, lo smascheramento di tante ipocrisie di cui era ( ed è ancora ) incrostata la società; perchè muovono alla riflessione sulle condizioni di una società irta di contraddizioni. Quindi il corpo centrale della silloge richiama quel periodo, ma va oltre. Anche se le poesie attingono a quell’ humus culturale e sociale contingente, si innalzano su una riflessione esistenziale sull’uomo in quanto uomo, senza aggettivi di sorta. |